Come il vino...


Come il (buon) vino. Più passa il tempo, e più diventano buoni. Non vincono, magari, o comunque non come prima, ma sono (sempre) lì. Aggrappati al gruppo dei migliori e incapaci (al contrario di qualche collega più giovane) di mollare. Loro sono Vincenzo Nibali, Domenico Pozzovivo e Alejandro Valverde: 118 anni in tre, 118 anni di classe purissima. Sono questi, aldilà del successo di Hindley, i veri vincitori della tappa di ieri del Giro d'Italia. Perché nessuno, o quasi, avrebbe immaginato di vederli lassù mentre altri “grandi” (Yates, Ciccone, Dumoulin) sprofondavano. Loro no. Loro, ci sono ancora. Loro, ci sono sempre.

Questione di classe, prima di tutto. Due come Valverde e Nibali, per esempio, hanno (da sempre) qualcosa di speciali. Predestinati fin dalle prime pedalate e, non a caso, protagonisti di carriere stracolme di trionfi. Classiche, grandi giri, salite lunghe o strappi esplosivi, sterrato. Competitivi a prescindere, su qualsiasi terreno e in qualsiasi tipo di corsa. Campioni, insomma, molto spesso si nasce.

Discorso leggermente diverso per Domenico Pozzovivo. Lui, un fuoriclasse, non lo è mai stato. Certo, è sempre andato fortissimo, ma il palmares non è nemmeno lontanamente paragonabile a quello degli altri due. Eppure, quello che sta facendo (anche) in questo Giro d'Italia, è forse ancor più straordinario. Ha placche e viti sparse in ogni parte del corpo (sono più di 20, in totale), “regalo” ed eredità di una lunga serie di terribili incidenti. Non lo voleva nessuno, quest'anno, ma non ha mollato. Fino alla chiamata della Intermarchè che, risultati alla mano, ha fatto più che bene a puntare su di lui.

 

Occhio però. Perché non è (solo) questione di carattere e determinazione, di voglia di soffrire e di classe innata. Dietro alla straordinaria prestazione di domenica sul Blockhaus infatti, c'è molto di più. In un ciclismo dominato sempre più da atleti capaci di sopportare lunghissimi sforzi su valori di potenza altissimi (Pogacar, per esempio, ha coperto gli ultimi 50km delle Strade Bianche a circa 350 watt medi) questi tre “vecchietti” hanno saputo cambiare la loro preparazione provando, per quanto possibile, ad avvicinarsi ai valori espressi dai nuovi fenomeni. In pratica: meno quantità (meno ore in bici), ma più qualità (allenamenti più intensi). E poi ancora. Cura sempre più maniacale del recupero (attraverso l'alimentazione) e del proprio corpo. Nibali, per esempio, spende sempre più ore in palestra (in inverno, ma non solo) lavorando tantissimo sulla forza di stabilità del tronco e sulla flessibilità. Dettagli? Forse. Ma nello sport, si sa, e ai massimi livelli in particolare, son sempre quelli a fare la differenza.

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